Andrea Crisanti, classe ’54, laurea con lode all’Università La Sapienza di Roma è microbiologo, divulgatore scientifico e politico italiano. Quella del Professor Crisanti è una vita, lavorativa, passata prevalentemente all’estero che gli ha restituito il rientro in Italia per chiara fama, uno dei meriti maggiori nel mondo delle scienze. Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscerlo, di lui si è detto molto e sempre tutto riferito al lavoro in campo scientifico ma dal 2022 è Senatore della Repubblica Italiana per il Partito Democratico nella circoscrizione Europa e io l’ho incontrato per cercare di capire se in un mondo che punta quasi esclusivamente sull’innovazione tecnologica il materiale umano ha ancora valore. Si sente dire spesso che l’Italia non riconosce il “merito lavorativo”.
Dopo tanti anni di lavoro all’estero perché ha deciso di mettere a disposizione del nostro paese il suo sapere, cosa vede qui che manca all’estero? La mia è una storia particolare che, forse, trova molte analogie tra i giovani che oggi si laureano perché il fatto che fossi tra i migliori studenti dell’università La Sapienza a Roma, con una media esami di 30/30, e pur essendomi laureato con 110/110 e laude non riuscì ad avere l’ingresso nelle scuole di specializzazione dell’epoca. Avevo, però, 600 mila lire regalatemi da mio zio che decisi di investire in francobolli per spedire ad una serie di università straniere la mia richiesta d’ingresso come specializzando, da quel momento, grazie alla risposta della “Basel Institute for Immunology” di Basilea, iniziò il mio percorso professionale portandomi, in un secondo momento, all’Università di Heidelberg, dove rimasi per 3 anni e poi Londra dove sviluppai quel passaggio lavorativo per il quale, in seguito, l’Università di Padova, con mio grande onore, mi convocò per chiara fama. Sono passati tanti anni dal mio dottorato ma ancora oggi l’ Italia è poco attrattiva a causa dell’incertezza di carriera, degli stipendi bassi e dei, quasi inesistenti, finanziamenti alla ricerca.
Ma in una ipotetica classifica? Guardi l’Italia ha perso le sfide sul piano tecnologico, informatico, farmacologico e dell’IA degli ultimi vent’anni. Pensi che negli Stati Uniti ci sono aziende che valgono quanto tutte le industrie italiane e questo dà la misura della nostra situazione, ad esempio, nel piano pratico la mancanza di un ecosistema tecnologico non permette al nostro paese di produrre vaccini. Fino a quando non capiremo che il vero motore produttore di ricchezza è l’università, attraverso anche la ricerca, non potremmo competere con paesi che continuamente e da anni investono nelle menti più brillanti. La mia esperienza in Parlamento, rispetto ad altri, è sicuramente all’inizio ma ciò non mi ha impedito di notare come “la creazione del valore” sia legata ad una visione passata del Made in Italy fatta di trasformazioni industriali che non considera un dettaglio ossia che molte aziende non sono neppure più italiane.
Quindi per crescere di cosa abbiamo bisogno? Abbiamo bisogno di università che generino conoscenza e quindi innovazione da riversare nel paese e questo può accadere solo attraverso un piano di investimento programmatico. Studenti, lavoratori e sogni.
Cosa bisogna fare per rivedere l’assenza di remunerazione per gli iscritti alle scuole di specializzazione e, più ad ampio spettro, quale strada bisogna imboccare? Io sono promotore di una legge che modifichi lo stato giuridico degli specializzandi nelle professioni mediche dei non laureati in biologia i quali, al contrario dei medici, non percepiscono nessun compenso. Come gruppo politico siamo contrari al tirocinio gratuito e le spiego anche perché. Credo che il primo problema sia che i ragazzi non sognano più di diventare qualcosa a causa della “società ingessata “nella quale viviamo dove, in mancanza di determinate caratteristiche, si è impossibilitati a progredire socialmente, parlo del “famoso” ascensore sociale che in Italia è ormai bloccato, purtroppo.
Gli studenti in tenda sono stati un chiaro esempio e a questo punto la domanda sulle opportunità è quasi d’obbligo, che possibilità ha il figlio di un operaio, rispetto al figlio di un dirigente, di frequentare un’università blasonata italiana o estera? Praticamente nessuna. Le posso garantire che in Inghilterra ci sono molti figli di professionisti o manager che frequentano le migliori università e questo ci porta ad una sola conclusione e cioè che un’intera classe dirigente sta preparando il passaggio del testimone ai loro figli. Lei capirà che dove manca l’opportunità diventa difficile ragionare di merito. Purtroppo più passa il tempo più questo divario aumenta, dev’essere lo Stato che, attraverso una serie di bilanciate politiche, appiana queste differenze.
Un ipotetico bilancio personale. Quanto abbiamo di positivo e quanto da buttare via, ammesso si possano quantificare le due parti. Mi considero uomo fortunato, le cose negative della vita non le penso anche perché cerco sempre di applicare una filosofia personale secondo la quale ogni cosa negativa porta un’opportunità. Le faccio un esempio. Quando dopo l’università non mi presero nelle scuole di specializzazione italiane mi rimboccai le maniche e andai all’estero. Quelle 600 mila lire in francobolli, usati per mandare le lettere alle università americane, fruttarono perché vennero accettate le mie richieste, anche se non ci andai per motivi personali, non mi lasciai abbattere dall’ulteriore impedimento anzi presi carta e penna e scrissi a questo famoso premio Nobel che mi prese. Forse se fossi rimasto in Italia le cose sarebbero andate in modo molto diverso. Per mia fortuna ho un carattere che reagisce innanzi alle difficoltà, anche per questo mi sono impegnato in politica, per mettere al servizio della comunità questa mia intraprendenza. La ricerca implica necessariamente pazienza, non sempre il risultato arriva subito.
Lei è un uomo paziente? Io tendo a bilanciare l’impazienza con la pazienza perché la prima ti dà grinta e coraggio ad esempio a Basilea ho passato due anni difficili perché non mi venivano i risultati ma al terzo anno, grazie anche alla determinazione, è arrivato tutto. Credo che l’intelligenza possa passare in secondo piano rispetto alla volontà di riuscita anzi, delle volte, la persona troppo intelligente può essere svantaggiata perché non trovando ostacoli s’impigrisce Ha mai pensato “ora basta mollo tutto” Sono una persona che non si arrende mai. Mia moglie dice che ho smisurata fiducia in me stesso e in parte è vero credo, però, che sia anche questo lato del mio carattere a definirmi. Sono come un treno, se in testa c’è l’obiettivo vado a testa bassa fino al risultato ma sono anche molto empatico, non passo mai sopra gli altri.
Allora qual è il prossimo obiettivo? L’obiettivo principale è fare quello che la mia curiosità mi suggerisce e fino adesso ci sono riuscito ma voglio anche usare la mia posizione per aiutare nel migliore dei modi la sanità, l’educazione e l’università. Però le dirò una cosa, in questo momento sono concentrato a capire cosa e come fare in parlamento… e non è poco