Al momento stai visualizzando Digital Enablement, siamo pronti?

Digital Enablement, siamo pronti?

Il mio primo cellulare fu un Nokia, mi sembra 7710, con cover interscambiabile ed il gioco “Snake” al suo interno, mi costò un occhio della testa.

A quegli anni avere un telefono cellulare voleva dire essere nel progresso. Pensarlo adesso fa sorridere ma erano gli anni dove un cellulare ed il famoso “pezzo di carta” erano la combinazione perfetta per aprire qualsiasi porta verso il successo.

E poi?

Come nelle migliori favole le cose cambiano, a volte improvvisamente altre lentamente ma inesorabilmente e questo è quello che è successo nel nostro paese col passare degli anni. La tecnologia è progredita oltre ogni immaginazione, portandoci oggi, anno 2023, a ragionare di 5G e valutare quasi la possibilità del teletrasporto, Star Trek docet. Grazie alla nascita e allo sviluppo dei social oggi abbiamo la possibilità di “non sentirci mai soli” e, attraverso l’ausilio dei fast massage, comunicare in qualsiasi momento con persone che nella realtà, forse, non conosceremo mai.

Possiamo quindi dire che se, per ipotesi, stessi raccontando una favola adesso saremmo al punto del “ vissero tutti felici e contenti” ma, a questo racconto, manca la seconda parte e cioè quella che fino a qualche anno fa sembrava la metà complementare e fondamentale, il famoso “pezzo di carta”.

Digital Enablement, siamo pronti?

Questo altro non era che il titolo di studio che molte famiglie, dal secondo dopoguerra in poi, con grande sacrificio cercavano di garantire ad almeno uno dei propri figli fino a considerarlo, negli anni del bum economico italiano, possibile per tutti i figli appartenenti nucleo famigliare. Vi starete, quindi, chiedendo cosa succede quando i due “protagonisti di questa favola” s’incontrano, sorpresa. Succede che uno dei due, fuori dai confini italiani, è sempre stato considerato importante e di tutto rispetto tanto da diventare “apri porte del successo” da solo; voi penserete che io mi riferisca alla tecnologia, sbagliato. Parlo dello Studio.

Mentre in Italia il “valore” attribuito ai soldi ha superato il senso e l’importanza della scuola all’estero ha prevalso, portando al conseguente sviluppo di quelle menti brillanti padri di alcuni grandi successi noti al grande pubblico. A fronte di queste valutazioni mi rivolgo all’ISTAT sperando mi faccia comprendere che esiste una differente realtà ma scopro che nel 2022 la quota di persone che hanno letto libri, non scolastici o tecnici, è del 39,3%, buona direte voi, invece no perché l’anno prima era 40,8%. Di questi il 17,4% leggono massimo 3 libri all’anno e solo il 6,4% leggono 12 libri in un anno (Istat – Lettura di libri e fruizione delle biblioteche).

Lo sappiamo i libri aprono la mente ed una società evoluta dovrebbe metterli al centro della formazione e/o della cultura personale senza contare che grazie allo sviluppo culture si può essere competitivi a livello internazionale anche come Paese.

Aggiungo che, sempre dati alla mano, l’Italia è la nazione con meno diplomati d’Europa quindi mi chiedo come mai questo dislivello, a chi possiamo imputare il fallimento della “visione culturale”?

Possiamo dire che se da un lato la tecnologia ci ha tutti connessi, dall’altra ci ha bellamente illusi di riuscire ad evitare ostacoli e difficoltà in nome di un successo che si misura a colpi di hashtag.

Largo quindi a Chef professionisti per passione, insegnanti di comunicazione grazie all’hobby ed esperti generalisti di ogni tipo merito anche del fantasioso nickname scelto che acchiappa like.

Ma come riportare l’attenzione sulla cultura, sull’istruzione e sul progresso dell’Italia?

l’Italia potrà diventare il treno che muove la tecnologia? Passo la palla a chi dichiara di sapere come fare dall’alto del ruolo che ricopre ed intanto osservo e prendo appunti.

 

 

 

 

Lascia un commento